23 agosto 2017
La Corte di Cassazione, sezione prima civile, con sentenza del 24 marzo 2017, depositata il 23 maggio 2017 n. 12939, si esprime in merito alla data certa elettronica, normativamente definita validazione temporale, associata ad un documento informatico mediante marca temporale al fine di dimostrare l’anteriorità del credito rispetto ad una dichiarazione di fallimento, di cui si chiede l’ammissione allo stato passivo.
A tal riguardo si evidenzia che la disciplina civilistica sulle prove documentali, di cu all’art. 2704 del Codice Civile, richiede di associare una data certa ad una scrittura privata, della quale non è autenticata la sottoscrizione, per garantire la validità opponibile a terzi della formazione del documento in un certo arco temporale o, comunque, della sua esistenza anteriore a un dato evento.
Pertanto, in una procedura di accertamento del passivo fallimentare, la predetta disposizione civilistica statuisce che dimostrare l’anteriorità certa di un credito rispetto all’evento di un fallimento significa che la scrittura privata attestante il credito debba essere munita di data certa.
Nella fattispecie della sentenza in commento, la scrittura privata era stata formata in modalità digitale (contratto di leasing digitalizzato) ed il requisito della data certa risultava dalla marca temporale apposta in sede di digitalizzazione ed emessa da un certificatore accreditato presso l’Agenzia per l’Italia Digitale.
L’art. 20, comma 3, del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD – D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e s.m.i.) sancisce che “la data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione temporale.”
Le regole tecniche di attuazione del CAD sulla validazione temporale sono rappresentate dal DPCM 22 febbraio 2013 (GU Serie Generale n.117 del 21-5-2013). In particolare l’art. 41 delle predette regole tecniche definisce tra i possibili riferimenti temporali opponibili a terzi i riferimenti temporali realizzati dai certificatori accreditati mediante marche temporali, secondo le regole per la validazione temporale mediante marca temporale ben definite dagli artt. 47-54 del citato decreto attuativo.
Premesso ciò, la sentenza della Corte di Cassazione afferma che l’accreditamento e la conseguente iscrizione della società certificatrice, che ha emesso la marca temporale, nell’apposito elenco di fiducia pubblico tenuto dall’AgID, ai sensi dell’art. 29 comma 5 del Codice dell’Amministrazione Digitale, comporta necessariamente una presunzione di conformità dell’attività del certificatore accreditato alle regole tecniche di cui al DPCM 22 febbraio 2013, in quanto chi richiede l’accreditamento deve impegnarsi a rispettare tali regole e in ciò risiede appunto l’utilità di un accreditamento da parte della pubblica autorità.
Conseguentemente, la Cassazione statuisce che è “onere di chi intenda contestare che una certificazione sia avvenuta nel rispetto delle regole tecniche, allegare e provare che il certificatore non le abbia invece rispettate”.
In conclusione, in riferimento alla data certa elettronica associata ad un documento informatico mediante marca temporale emessa da un certificatore accreditato, la Cassazione esprime il principio di presunzione della conformità della marca temporale in quanto emessa per l’appunto da un certificatore che ha ottenuto l’accreditamento ma viene anche ribadito il principio di diritto secondo cui “è onere della parte interessata a negare la certezza della data – e dunque, nel giudizio di opposizione a stato passivo, è onere del curatore fallimentare – allegare e provare la violazione delle regole tecniche sulla validazione temporale” relativa al contratto di leasing digitalizzato.